Il lavoro di Paola Bandini è impostato sulla ripetizione di
un modulo che, attraverso variazioni formali più o meno marcate, propone una
casistica espressiva di notevole interesse plastico. Il singolo modulo, una
maschera in ceramica bianca, rossa o nera, sul quale Bandini interviene,
determina un volto che sembra richiamarsi a situazioni carnevalesche, e che
assume una sua connotazione solo se visto nell’ambito di una installazione
complessiva.
Infatti, la forza della sua scultura sta nell’assemblaggio
di elementi che concorrono a creare un “uno” che è fatto di “molti”, una specie
di Leviatano nel quale è possibile incontrare anche noi stessi. È una
rappresentazione di stati d’animo, una piéce teatrale nella quale ciascuno di
noi assume nello stesso tempo, sia il ruolo di comparsa che di protagonista.
La dimensione carnevalesco/teatrale sembra ribadita pure dall’espediente di far scendere
dal soffitto simulacri di nastri che ricordano le stelle filanti o i tendaggi
di un palcoscenico. Ma la rappresentazione è lontana dal fasto rumoroso della
piazza, il pubblico è silenzioso, l’opera è bloccata, è il volto di un mimo
cristallizzato in un’unica espressione che, in quanto maschera, diventa
immediatamente riconoscibile e universale.