La mostra di Arte Sacra nel sottotetto della Cattedrale di
Sant’Evasio di Casale Monferrato
concretizza un palese interesse manifestato da molti artisti
contemporanei. Essi, forse condizionati
da una misteriosa forza accatastata in secoli di arte, producono spesso opere che
si richiamano a tematiche riconducibili al sacro. Alcuni lavori lo sono in modo
palese, altri invece sfruttano l’analogia, il carattere evocativo che un
determinato segno lascia nella memoria di ciascuno di noi, e per questo si può
affermare che il lato religioso dell’arte contemporanea è stato trattato in maniera
approfondita da molti artisti che hanno prodotto opere dal suggestivo senso
religioso.
mario fallini, ascensione (foto enzo bruno)
È ovvio che per chi è abituato a identificare i contenuti della
religione con la semplificazione iconografica creata ad hoc per il
compiacimento delle masse prive di cultura, le prove artistiche più complesse
basate sull’analogia evocativa, sul recupero di materiali “poveri”,
sull’esasperazione espressiva e materica, susciatano sempre delle perplessità.
Su questo punto si dividono sovente le opinioni, in quanto, persino gli
entusiasti a volte non riescono a celare la propria incomprensione.
alex pinna, waiting in time square
Per ovviare a questo problema, il percorso proposto nei
sottotetti della cattedrale di Casale Monferrato è stato pensato coinvolgendo
autori capaci di trarre dalla materia qualcosa in grado di evocare una
problematica filosofica, oppure teologica, o icononologica dell’ estetica
contemporanea. Il fatto poi di collocarele sculture in uno spazio architettonico
di altrettanto fascino dà un ulteriore valore ai lavori degli artisti
coinvolti. A proposito del “contenitore”, quando nel XIX secolo Arborio Mella
realizzò i lavori che rimaneggiarono l’intero complesso architettonico in
chiave storicista, l’architetto cancellò alla vista intere porzioni dello
spazio romanico. Questo porzioni – ampi
frammenti di scultura, modanature e elementi costruttivi in genere – emergono seguendo il percorso della mostra.
Pertanto, oltre a confrontarsi con le opere esposte, il pubblico può osservare
da vicino una serie di frammenti che affiorano come delle righe di antica
scrittura in un incunabolo. Il dialogo tra il passato e il presente dimostra
effettivamente la mutazione del linguaggio con il quale gli artisti comunicano,
ma dimostra altresì come sia possibile che la sintassi di base, tesa alla
valorizzazione del Sacro, non abbia mai perduto quella sua capacità di
trasformare lo spazio in tempo e il tempo in assoluto.
giovanni bonaldi, rotolo (foto marika dalloco)