La pittura del tortonese Sergio Acerbi si presenta attualmente come il frutto di una costante e sentita evoluzione. Cercando di sintetizzare i termini del suo percorso, si possono scorgere almeno quattro momenti che precedono i risultati di questa mostra milanese. Le prime opere possono essere avvicinate all’idea di un paesaggismo noldiano, con la realtà distorta in colorazioni irreali. In seguito i suoi soggetti si fanno più sintetici, evocando strutture orizzontali nelle quali è ancora percepibile la divisione terra/mare + cielo. I colori sono stravolti, accesi e accentuati dall’essere immersi in una sorta di origine dell’universo. È in questo momento che si sviluppa una dimensione mistica che prenderà consistenza nella produzione più recente, soprattutto nei cosiddetti “punti di luce” nei quali l’elemento religioso si palesa con l’identificazione di Dio con la luce, rielaborando in chiave contemporanea uno dei fondamenti della filosofia medievale.
Oltre al contenuto filosofico, la grossa novità rilevabile nei “punti di luce” è l’affiorare di frammenti di tridimensionalità, quasi si palesasse la superficie di un pianeta primordiale, una forma di vita che sta prendendo la propria corporeità. La percezione è quella di un caos che sta cercando un suo ordine.
Era importante riassumere gli esiti della precedente attività di Acerbi, per afferrare il senso dei lavori ascrivibili all’ultima fase della sua produzione. Quello che prima appariva come un timido accenno plastico ora si palesa con forza diventando protagonista della risoluzione estetica, sublimandosi in “essere di luce”. È un compatto grumo di materia, la concretizzazione di frammenti ectoplasmatici che fluttuano su rugose superfici coperte da muffe e licheni. È una pittura fortemente intimistica, l’esplicitazione di un mondo interiore fatto di meditazioni nelle quali l’oggetto è ormai scomparso del tutto e la composizione è stravolta da un dinamismo di cui l’artista cerca di afferrare le leggi. L’arte di Acerbi mira a edificare un ordine percettivo non arbitrario, parallelo a quello naturale e capace di dare forma agli aspetti più oscuri e tormentati del nostro essere. Si ha di fronte una visone che non ostenta la propria bellezza, ma la fa comunque affiorare come forma misteriosa e ineffabile.