venerdì 19 giugno 2015

aldo mondino, cibo e spiritualità

La spiritualità di Aldo Mondino è rilevabile dall’intensità di alcune delle sue opere. È difficile dire quanto l’artista torinese sentisse la forza del divino che lo circondava, ma una volta che ebbi modo di chiedergli di misurare a parole il suo rapporto con la religione, egli mi rispose che ciò che lo colpiva era la ritualità, e per questo lui ammirava il sacro.




Se si aggiunge a questa idea estremamente laica della religione una buona dose di creatività ecco che si concretizza, almeno in parte, l’estetica di Aldo Mondino. In effetti, nonostante si conosca piuttosto bene l’opera di questo artista scomparso nel 2005, sorprende ancora una volta la capacità di evocare la sacralità attraverso delle intuizioni che giocano sul valore della parola – elemento tipicamente ebraico – unito alla forza della materia con cui compone le sue immagini. Mondino trasforma la realtà  dei percorsi religiosi in simulacri che hanno la capacita di evocare  e di trasmettere il senso di una tradizione, di spiegare gli aspetti più privati di una serie di percorsi di preghiera che si accostano al divino. 



Un solo esempio è sufficiente per chiarire la forza misteriosa dell’arte di Mondino che con il suo “Raccolto in preghiera” avvicina il visitatore a riflettere sul rito e sugli stilemi del suo fare arte, allorquando chi osserva percepisce che il tappeto che si stende nella penombra dei sotterranei della Sinagoga è stato realizzato con l’uso di svariate granaglie.


lunedì 15 giugno 2015

max ramezzana verso l'astrazione

L'ultima rassegna ha richiesto, per chi ha potuto osservare le opere che ne componevano il percorso espositivo, una visione assolutamente particolare perché se ne potesse comprendere bene il senso. Max Ramezzana è latore di un linguaggio ben conosciuto, dal forte carattere illustrativo. Come molti artisti, a un certo punto della sua carriera, egli ha sentito l’esigenza di cominciare a operare qualche modifica al suo modello estetico, esplorando territori artistici che solo apparentemente non gli appartenevano.




Il cassetto, simbolico luogo di accumulo di memorie, vera icona dell’estetica di Ramezzana, non è più il fondale scenografico che ci ha meravigliati precedentemente. Ora esso si propone soltanto come contenitore di campiture cromatiche di differente intensità ricavate da assemblaggi di materiali vecchi e sporcati dal tempo, pseudo oggetti che  evocano la spiritualità dei luoghi, l’accumularsi stratificato di ricordi. La figura è bandita e si stanno perfezionando e consolidando dei linguaggi che lo porteranno a rivedere alcuni suoi elementi specifici. Oltre al senso del divenire e sperimentale della sua pittura, questo nuovo corso gli permetterà di osservare più nell’arte e non con l’arte. E’ chiaro che questo è per Ramezzana il momento embrionale di una nuova fase, che però lascia già intravedere la potenzialità del suo temperamento artistico. Come è già possibile intuire, fin dal titolo della mostra, “aprire il cassetto”, si subisce la suggestione di dare credito a un gesto capace di far cambiare e di scindere il pittore dall’illustratore, liberando l’uno dall’altro, per affrontare e sviluppare nuove e diversissime sintesi emotive.


martedì 9 giugno 2015

forme di realismo (fontana, laborante, muliere, orlando, pizzinga)

Solitamente la pittura realistica, in particolare quella su ampi formati, deriva per linea diretta dalle proporzioni scalari e dalla capacità indagatrice del mezzo fotografico. 



Questa rassegna sul realismo è una summa di come ci si possa approcciare proprio al realismo attraverso differenti modi di ricerca, anche senza fare entrare in ballo tecniche meramente analitiche, dedicandosi più da vicino a seguire le reazioni dei segni e dei colori, spesso ridotti a poche e diafane presenze.



Questi modelli estetici risultano favorevoli a produzioni di superfici spesso dilatate e meticolose. In questo modo l’istantaneità delle scene dipinte prolunga nel tempo il percorso di composizione formalizzante dei soggetti. Gli artisti (Elisa Muliere, Serena Laborante, Isabella Orlando, Simone Fontana e Simone PIzzinga) rivelano i contenuti umani stendendoli sottoforma di linguaggio, di sintassi primigenia. 



Si tratta di approfondimenti che prendono spunto da situazioni reali. I volti sono scomposti, oppure emergono da un cupo fondale nero o mancano quasi del tutto, lasciando spazio a simulacri o segni espressionisti o evocazioni di presenze.




I pittori utilizzano supporti differenti per ottenere i riflessi di un piano visivo che finiscono per esaltare ogni cosa e poi, a tempo di sguardo, mantenere impresse porzioni di mondo. Ovviamente si tratta di segmenti visivi staccati, assolti e estranei, rispetto a possibili reazioni con il Resto. Però, le opere restano sempre parcelle di Vero, tasselli di vita parallela da poter indagare e apprezzare.