La storia,
la letteratura, sono piene di biblioteche bruciate: uno strano destino sembra,
a volte, accanirsi contro i libri. Che cosa viene distrutto, che cosa si
annulla quando la carta va in fumo? Impossibile rispondere, ogni cosa detta ne
richiamerebbe almeno altre dieci. Ray
Bradbury, in uno dei libri più pessimisti sulla possibile evoluzione – o
involuzione – della società umana narra di un potere che tende a annullare ogni
memoria bruciando libri. Lo avevano capito i nazisti che, per creare il cosiddetto
neu ordung, sapevano che attraverso la distruzione dei libri era possibile
cancellare ogni percorso culturale, ogni mappa che in qualche modo potesse
ricondurre a similitudini, ad analogie tra genti che in quel momento non
dovevano avere nulla in comune. A quelle stragi sopravvisse la biblioteca
Anna-Amalia di Weimar, sopravvisse fino al settembre 2004, quando una scintilla
innescò un grande incendio.
Rebecca Forster,
racconta questo disastro. I suoi disegni svolgono la narrazione in modo
sintetico, dando alle immagini una scansione cronologica, simile a quella che
gli scultori antichi realizzavano sulle colonne istoriate. In ogni foglio
campeggia ben riconoscibile la silhouette del “topo di biblioteca” di Spitzweg: è lui il narratore, la
persona che, immersa nei libri, vive e sopravvive nella tragedia della
distruzione. Non importa che cosa fosse conservato in quello scrigno tedesco,
c’erano delle opere di Goethe,
mappe, manoscritti, spartiti: di tutto ciò, ora non rimane quasi più nulla,
anche se Forster cita tutti questi oggetti
all’interno di “bubbles” nelle quali si ritrovano magicamente, simili a
quei ricordi che, finché esistono, mantengono vive le cose. La carta stampata è
allora il simbolo di una memoria collettiva e va perpetrata e creata, proprio
come quei fantastici libri d’artista nei quali Rebecca evidenzia il suo grande
acume e il suo amore per un materiale come la carta, un materiale che le
permette di costruire dei percorsi che si concretizzano nel gioco delle
biblioteche pieghevoli
È chiaro
che l’arte della Forster conduce inevitabilmente a delle riflessioni. Ci si
domanda, che cosa si poteva fare per risparmiare tutto ciò che è stato
distrutto, dell’intolleranza, del fondamentalismo. Rebecca Forster sembra darci
una via da praticare, una speranza che si manifesta nel futuro, quando i libri
inzuppati, bruciacchiati, recuperati grazie ad un passamano tra volontari,
potranno essere presi dai freeezer nei quali sono stati collocati e potranno
essere rimessi negli scaffali delle biblioteca.