Amor sacro e Amor profano” è il titolo di uno dei più famosi
quadri di Tiziano. Opera di equilibrio, impostata sul contrasto tra due figure
femminili caricate di enorme potenza espressiva e simbolica.
Lo stesso titolo è stato dato a un'opera di Ruben Esposito,
che sembra scandagliare due livelli dell'animo umano: uno superiore di elevazione e
uno inferiore, una sorta di discesa agli inferi, di viaggio nel
“cuore di tenebra” di ciascuno di noi. È un'opera intensa che affascina, perché
dimostra la lacerazione che viviamo quotidianamente, che ci conduce a cercare
l’innalzamento spirituale per distaccarci dalla pena dell’immanente e, nello
stesso tempo, a operare il percorso contrario, gettandoci con rimorsi e sensi
di colpa in quel mondo che viviamo e, ipocritamente, condanniamo.
Parafrasando Piero Citati, l’amore, in generale, è
adorazione, venerazione, ammirazione, desiderio di sacrificio, tenerezza,
dolcezza, ardore, furore, follia, eccesso, che si nutre di eccessi, desiderio
di infinito. Osservando le installazioni di Ruben Esposito si percepiscono
tutti questi caratteri, ai quali si deve aggiungere l’eros che aleggia come
entità misteriosa e indescrivibile su ogni pezzo, sulle pieghe di ogni metallo,
sui pori delle ceramiche.
I lavori che identificano l'amore sacro si stagliano su degli sfondi di
sintesi paesaggistica: lamiere lavorate che si contendono le superfici, evocano
fondali pittorici: in questo modo le
frammentarie figure umane si esaltano, assurgendo al ruolo di protagonisti.
Queste composizioni hanno un evidente valore simbolico, ma è difficile
individuarne esattamente il significato preciso, perché ciascuna di esse si
richiama a esperienze individuali e, soprattutto, perché l’amore sacro non ha
un’unica etichetta, non è solo, per esempio, l’amore verso Dio. Ruben Esposito
fa comprendere questa difficoltà, adoperando frammenti di corpi che scattano
posseduti come menadi danzanti, originati da pseudopodi che affondano nel
terreno, offrendo un senso di leggerezza che è negato al rito dell'amore profano.
La protagonista è una ragazza,
posta al centro della sala, che danza, ma si muove razionalmente, non più
posseduta, ma osservata da tre individui che barcollano, nel disinteresse di
chi sta consumando l’atto amoroso. Il visitatore è costretto a osservare, a
guardare, egli ha pagato per entrare in questo spazio e si aspetta di essere
compiaciuto, di entrare nel vivo di un’azione che lo coinvolga fisicamente ma,
si badi bene, non emotivamente.
Profano, in origine indicava qualcosa che era al di fuori
dal recinto del tempio antico, quindi da ciò che era sacro; ora tutto si
mischia, tutto convive nello stesso spazio. Il corpo, che un tempo poteva avere
un valore ideale, ora diventa merce, ricoprendosi di una sacralità nuova e
differente, e, talvolta, ribaltando il concetto originario, cioè trasformando
ciò che era sacro in profano e ciò che era profano in sacro.