La stratificazione culturale del genere umano si forma
attraverso vari tipi di esperienza. Probabilmente, la più formativa è il
viaggio, e il viaggio può avvenire o attraverso il proprio movimento fisico,
spostandosi da un luogo a un altro, o attraverso le immagini che altri ci
forniscono. In questo caso l’esperienza non sarà propriamente fisica, ma avrà
una connotazione totalmente spirituale. Comunque sia, alla base di entrambe le
operazioni c’è la volontà di concretizzare un processo mnemonico che ha come
fine ultimo la nostra crescita.
Questa premessa per spiegare che alla base del lavoro
artistico di Renata Boero c’è una riflessione sul viaggio e sulla lettura di
testi pseudoscritti e di immagini che li compongono. Per comprendere questo
processo comunicativo conviene concentrasi sulla straordinaria installazione
costruita all’interno dell’aula della Sinagoga casalese. Per prima cosa è il
nostro olfatto che entra in contatto con l’opera d’arte: esso percepisce il
diffondersi e il mischiarsi di aromi che come sinestesie si associano a dei
colori. A questo punto sono i colori a diventare protagonisti dell’opera,
colori che si dispongono attraverso le forme rettangolari come parti di rotoli
di pergamena mimetizzandosi con le antiche modanature della Sinagoga,
sostituendo suppellettili non scampate alla furia antisemita e evocando i riti
della cultura ebraica.
È la Boero stessa a spiegare che ogni colore, ogni frammento
di carta, ogni profumo è la pagina di un libro su cui è stato scritto qualcosa.
Se lo specifico di questa operazione, continua l’artista, è la riflessione sul
perpetrasi della tradizione religiosa, sulle vite che hanno scandito il tempo
di intere comunità, più genericamente, è l’esistenza stessa di ciascuno di noi
che si dipana simbolicamente su quelle care accartocciate e colorate. Insomma,
conclude, si tratta di frammenti di
memoria che compongono le pagine di un libro che non deve e non può essere
distrutto. Ecco allora che prendiamo coscienza di avere di fronte a noi un
particolare “libro d’artista” che documenta una contaminazione scandita da una
serie pressoché infinita di livelli percettivi.
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