Spesso si è identificata la periferia urbana con il colore grigio. In effetti, il susseguirsi di muri in cemento e asfalti, con la loro piatta regolarità, ha finito per scolorire quegli spazi rendendoli silenziose fotografie in bianco e nero. Con l’idea di rivoluzionaria di cambiare qualcosa nella misera vita del suburbio, negli anni Settanta cominciò a prendere corpo un fenomeno destinato a diffondersi in quasi tutto il mondo, un fenomeno che prevedeva la realizzazione di disegni e di scritte sui muri dei luoghi pubblici, che Gillo Dorfles segnalò in un suo testo definendolo con il nome di “Graffiti art”. Probabilmente, per quanto riguarda l’Italia, fu la prima volta che in un saggio si fece rifermento a questa forma d’arte, sdoganandola da tutte le perplessità che questo fenomeno – che al suo interno vantava nomi come Basquiat o Keith Haring – poteva suscitare nella critica meno radicale.
Ovviamente la Street Art, fortemente legata a forme di sottocultura urbana, con una sua poetica ben precisa, tesa alla creazione di immagini che si rifanno fortemente al presente, giunse anche in Italia. Probabilmente, le prime crews agirono nelle aree metropolitane maggiori, poi, si diffusero anche nelle zone provinciali, con criteri e modalità non molto dissimili. Molte città conobbero una stagione creativa abbastanza interessante, con apparizioni di immagini sparse in vari luoghi, veicolate anche da accordi con i Comuni attraverso gli Assessorati alle politiche giovanili.
Questa “avventura”, che se coltivata con una certa attenzione avrebbe potuto condurre a esiti interessanti, in molti casi, finì invece in sordina, con lo smantellamento di tutti quei contatti che oggi avrebbero potuto offrire delle ottime occasioni di valorizzare certi spazi.
La Street Art è però assai vitale, coinvolgendo un numero incredibilmente alto di adepti, anche se, talvolta, chi la pratica non ha la coscienza di essere considerato tale. Dubuffet percepiva la produzione di un segno come gestualità primitiva, un’azione che verteva sull’istinto, sul gesto e sul delirio. Sulla scia di questa definizione conviene separare che fa Street Art da chi si limita a essere “writer”. Quest’ultimo si dedica all’evoluzione della lettera, di fatto eseguendo un firma, un segno che viene gettato rapidamente su un muro. Al contrario lo Street Artist desidera diffondere un’immagine con soggetti, un’immagine determinata attraverso uno stile riconoscibile che, per il suo carattere ossessivo, permette, anche a chi si muove distrattamente per le città del mondo, l’immediata identificazione di un determinato Streeet Artist.
La Street Art è fenomeno importante e da tenere in considerazione, perché è lo specchio della società attuale. Essa deve essere definita arte figurativa a tutti gli effetti, è eseguita con mezzi contemporanei come spray e marker e cerca di offrire una nuova identità agli spazi in cui agisce. In questo modo si crea un poetica urbana che fa leva sul nostro quotidiano, una poetica che alterna azioni illegali a azioni istituzionalizzate – generando talvolta un’evidente contraddizione – ma che, grazie al filo conduttore che anima l’intero percorso espressivo, di ogni singolo creativo, riesce comunque a essere armonica.
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