Un tratto deciso e nelle stesso tempo delicato, volatile, onirico. Ivano Antonazzo realizza dei percorsi grafici di grande efficacia poetica. È sufficiente seguire le parole di un brano musicale da lui illustrato per penetrare in un mondo fatto di intense suggestioni visive.
Egli afferma la realtà con poche righe, contaminando generi differenti tra loro. Nella sua arte si riescono a intuire influenze del graffitismo urbano, del muralismo, del fumetto, della fotografia. L’elaborazione che egli opera è fortemente visiva e si propone come sintesi di ciò che ci circonda. È assai difficile collocarlo nel mondo dell’arte, un mondo che spesso tende a catalogare le opere calcando su precise caratteristiche. La sensazione che si ha di fronte al lavoro di Antonazzo è di libertà. Sarà per il fatto che la struttura stessa del suo tratto evoca una sostanziale mancanza di condizionamenti, sarà che i temi che egli tratta siano impostati a farci propendere verso una percezione lirica del segno, ebbene, tutto sembra convincerci del valore privo di condizionamenti della sua ispirazione. Sono d’accordo nell’affermare che un simile discorso può valere per la maggior parte degli artisti, ma in Antonazzo, proprio perché il suo lavoro si discosta dagli standard che abitualmente ci troviamo a valutare, trova spazio una forza misteriosa che ci costringe a considerare le sue opere come estremamente diafane, leggere, aeree. Egli realizza un mondo che potrebbe avere come vicini Vollon, Balthus, proprio per l’ineffabile situazione che egli ama raccontare.
Al contrario degli artisti citati, Antonazzo è però ben addentro al mondo contemporaneo, egli sogna, ma “con i piedi per terra”. Infatti, si avvale anche di supporti che appartengono assai saldamente al nostro quotidiano. Mi riferisco soprattutto al supporto video che gli serve per diffondere la sua materia in modo più vicino al nostro senso percettivo. La sua produzione è dunque assai rappresentativa del nostro universo, impostata sul messaggio e sul segno, elementi che sembrano mischiare un’esigenza di rapporto tra la tradizione alla quale si riferisce per formazione e al contemporaneo, al quale fa riferimento per vocazione.
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