È una mostra particolare, di difficile giudizio critico. Per questo è impensabile soffermarsi sull’opera di un singolo artista (tutti attivi in Piemonte soprattutto nel Novecento), per questo bisogna considerare la rassegna alla luce dello sviluppo di un tema, quello del gioco, e concentrarsi solo su questo. Qualsiasi altra operazione risulterebbe discutibile.
Sicuramente il lavoro del curatore, Gianfranco Schialvino, è stato imponente, soprattutto nel momento in cui ha dovuto individuare i percorsi capaci di valorizzare dei lavori che, decontestualizzati dal corpus di un artista, appaiono quasi spauriti. Eppure, vi è qualcosa che funziona e ci porta a comprendere l’assetto di un discorso polifonico che si afferma per il suo carattere complessivo. Ne risulta una commistione di stili, scrive il curatore, progetti e provocazioni che accentua le disparità più evidenti per invogliare a individuare le affinità, le concordanze e le intenzioni, sorprendentemente parallele quando non addirittura convergenti.
L’attenzione al mondo del gioco ha fatto sì che molti artisti, fin dall’antichità raccontassero qualcosa di questa intrigante attività. Il gioco è fatto per lasciare spazio alla libertà di esprimere se stessi e la propria fisicità, per far confrontare il proprio intelletto con quello degli altri, per rispettare delle regole. È in questi termini che devono essere lette molte di queste opere. Però, se da un lato si può facilmente percepire l’aspetto “documentaristico” di molti artefatti, dall’altro, l’azione interpretativa è sicuramente più ardua. Allora, ecco che entra in gioco – metafora quanto mai opportuna – l’arte, nella sua accezione ludica. In fondo, alla base di moltissime opere si percepisce la precisa volontà da parte dell’artista di “divertirsi”, di giocare con la sintassi figurativa per creare combinazioni di frasi. In questo senso devono essere percepiti molti dei lavori esposti, come, per esempio, le due terrecotte dipinte di Enrico Colombotto Rosso. Infatti, già la particolarità del materiale, insolito per questo pittore, è da pensare come un’indicazione ludica, cui si aggiunge l’accesa cromia che costruisce la struttura fisica dei volti, altro dato insolito che testimonia l’idea di giocare con i colori e la materia in un lavoro assolutamente suo.
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