Le soluzioni formali proposte da Giovanni Saldì nelle sue
più recenti apparizioni sembrano dare luogo a due differenti ipotesi di lettura
del suo lavoro: da una parte egli si cimenta con la materia grezza e i problemi
a essa connessi; dall’altra si incentra su un’ossessiva osservazione del corpo
umano che, nella sua visione, rappresenta simbolicamente uno stato in cui la
materia prende forma. È chiaro che il cardine su cui si incentra la ricerca di
Saldì è proprio la materia ed è proprio da questa certezza che è necessario
partire per affrontare qualunque discorso critico in proposito.
Il progetto The Last Woman in the World ha due momenti di
fruizione artistica. In questo caso il punto di partenza avviene con la
presentazione di alcuni ritratti femminili che l’artista risolve con un chiaro
riferimento classico/accademico. A tutta prima questa impostazione risulta
palese e imprescindibile, ma appena si scalfisce l’evidenza iconica di queste
opere, si cominciano a cogliere dei particolari che quasi ci disorientano.
Sembra infatti che il pittore voglia concentrarsi solo su un particolare del
ritratto (un orecchino, la curva del naso, l’acconciatura) lasciando il resto
in una situazione di non finito, quasi volesse trasmetterci l’idea che la
sedimentazione materica che ha contribuito alla rappresentazione di quel
determinato corpo si sia interrotta, oppure sia ancora in divenire, cercando
una propria valenza organica.
La concretizzazione di questa azione si palesa sulla
metarappresentazione del gesto compiuto. Saldì, infatti, proietta sulla schiena di Elisa Martinez (modella e
performer) un filmato in cui si vedono le sue mani che realizzano un disegno
astratto/geometrico sulla schiena della medesima donna. In quel momento la
schiena diventa il supporto di un supporto; l’azione artistica, che ricorda la
manipolazione plasmatrice di un demiurgo, è così memorizzata e viene reiterata
e ripetuta un numero imprecisato di volte, ossessivamente. Il risultato finale
induce a percepire, accanto all’immobilità dei lavori prettamente pittorici, il
dinamismo di un’azione che deve essere ugualmente intesa come “pittorica” e che
ha ancora una volta lo scopo ultimo di far riflettere sul trascorrere del tempo
e sulla capacità di immortalare la bellezza dell’ultima donna sulla terra.
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