Il marchio di Maurizio Glimberti è immediatamente
riconoscibile. La sua opera si presenta come un mosaico di polaroid che
costruiscono e definiscono un’immagine. Che ci si trovi di fronte a ritratti di
personaggi più o meno famosi o
rappresentazioni di luoghi che costituiscono il quotidiano delle nostre città,
la sensazione visiva di fronte alla sua fotografia è quella di un’immagine
avvolgente che sembra muoversi in continuazione. Galimberti è l’autore della
frammentazione dinamica e della ricostruzione del soggetto. Egli non si limita
a offrire una visione da un unico e preciso punto di vista, ma la mimetizza,
demandandone la riconoscibilità a quelle capacità logiche che appartengono al
nostro cervello.
Galimberti si definisce futurista, dadaista, artista pop,
anche se ci tiene a sottolineare la forte e personale componente europea di
quest’ultima appartenenza. Assai comprensibile, l’aspetto futurista diventa
evidente proprio nel momento in cui si associa il suo lavoro al concetto di
“dinamismo”: il soggetto raffigurato si muove nello spazio e l’elemento
cronologico si annulla eternato nel movimento. La fotografia che si compone è
sì frutto di parti, parti che Galimberti ha bloccato con lo scatto, ma unite,
esse diventano una sequenza circolare, un ripetersi infinito di una stessa
situazione.
La fotografia, in generale, non può essere pensata come
forma d’arte organica, ma l’estetica di Galimberti rischia di mettere in serio
dubbio questa affermazione. La fotografia, infatti, si limita a rappresentare
qualcosa di organico (con l’accezione artistica del temine); Galimberti, al
contrario, riesce a trasformare un’immagine carica di razionalità in una forma
in divenire che non può essere ricondotta ai quei limiti geo/temporali cui noi
siamo soliti ricondurre il concetto di scatto. Galimberti dimostra di possedere
le molte qualità che appartengono all’artista e al fotografo, disponendosi a
farle emergere ogni volta che ciò risulta necessario, lavorando sul microcosmo
che sta dietro l’intimità del singolo per costruire il macrocosmo che
identifica il rapporto, in grado di plasmare il mondo, tra le singole
esistenze.
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