La ricerca di Vincenzo Satta si è sviluppata su due
differenti percorsi, uno più teso all’analisi delle geometrie segniche, l’altro
inteso a indagare i rapporti tra realtà e luce. Le sue opere spiccano per la
diafanità complessiva, per la resa di quel senso di impalpabilità che
appartiene alla realtà fisica della luce.
La stesura di pigmenti che egli adopera sembra compenetrarsi
allo spazio che circonda la sua tela, offrendo un mezzo che tende ad avvolgere
chi osserva. La sua opera risulta essenziale, limitata a pochi tratti che,
apparentemente, compongono un’unica immagine.
Eppure, trascinati da un vortice
intenso e piacevole, quei segni che si staccano dal luminoso fondo monocromo,
si trasformano in citazioni dotte provenienti da riflessione che il maestro ha
compiuto sulle Storia dell’Arte.
infatti, gli spazi di Satta si aprono su visioni pierfrancescane e
belliniane e dialogano con le più alte espressioni culturali
umanistico/rinascimentali. In sostanza, queste forme risolvono in parte il
problema dell’interpretazione della figurazione quattrocentesca riducendola
all’essenzialità più estrema. Satta offre la sintesi di un discorso di enorme
impatto emotivo che riesce a contenere la totalità di realtà intellettuale
attraverso la sovrapposizione evocativa di intensi tratti cromatici.
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