È un’arte silenziosa quella di Marco Porta e, nello stesso tempo, un’arte che ti costringe a ascoltare. Essa parte da un presupposto ossimorico, da una contraddizione che in poco tempo si scioglie, lasciando spazio a una serie di intuizioni che finiscono per far comprendere la preziosa estetica di questi lavorI.
La ricerca di Porta ha come epicentro l’uomo. Fin dalle sue prime prove era il corpo umano che veniva replicato in una sorta di mimesis naturalistica. Il corpo diventava parte di un sole, si proponeva in frammenti che, interagendo tra loro, costruivano delle entità pensanti, trasformavano in epica ciò che era un semplice racconto. Non è casuale, infatti, che almeno una parte della produzione di Porta possa essere idealmente unita all’arte dell’antica Grecia, ma, nello stesso tempo, porti con sé una componente che colloca lo scultore nel novero dei più attenti e originali artisti contemporanei.
Anche le strutture più asettiche (il pentacolo di “in una parola, sono già tre parole”, le figure geometriche di “togliere il nome alle cose”) se ben osservate rimandano anch’esse all’uomo. Il Pentacolo, proposto come un incrociarsi di rami coperti di spine, simboleggia la figura dell’uomo con le braccia e le gambe allargate, il microcosmo umano. In ogni figura geometrica può esserci un richiamo all’uomo, come nell’ottagono (il giorno della creazione dell’uomo) o il triangolo (l’uomo come corpo, anima e spirito).
Assolutamente particolari, invece sono le dieci piccole composizioni bronzee inedite. Esse si presentano come delle braccia che emergono dalla superficie del muro, che si staccano invitando l’osservatore a soffermarsi prima sull’oggetto poi su ciò che reggono, una sorta di moneta con un’iscrizione. Ne risulta una singola parola, poi su una frase, semplice, incisiva, densa di significati. Le parole di Porta compaiono magicamente. Non sono immediatamente visibili, bisogna soffermarsi e porre un minimo di attenzione. A quel punto essa emerge dal fondo compatto dalla faccia della piccola circonferenza, un graffio nel metallo. Poi ne compare un’altra, ed ecco che si compone quella frase che concretizza un pensiero dell’artista, che ci permette di condividere un attimo di meditazione, di accostare una sensazione per qualche tempo comune e che poi continua a fluttuare in un proprio universo.
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