Avevo visto per la prima volta un’opera
di Eduard Habicher al Messner Mountain Museum di Bolzano: una striscia
d’acciaio colorato che sfidava la gravità arrampicandosi sul muro esterno
dell’edificio che ospita il museo. Il significato dell’opera era palese e
insisteva sulla metafora alpinistica,
dimostrando in chiave concettuale la forza e l’efficacia dell’azione estetica
dello scultore.
Questo riferimento personale è uno
spunto per segnalare l’opportunità di confrontarsi con l’opera di Habicher,
altoatesino di Malles, in uno spazio più intimo che, forse, riduce l’impatto
emotivo della visione en-plein-air, ma conferma la grandezza del suo progetto
artistico. Le sue opere si espandono nello spazio creando ritmi e fratture che
si insinuano nel nostro campo visivo come elementi grafici tesi a costruire
delle sfilacciature che sembrano concretizzare la quotidianità del gesto umano.
Ciò che rimane di un qualunque gesto appartiene alla memoria; Habicher incanala
la forza di quel dinamismo che identifica l’universo in tutti i suoi rapporti
dialettici e la blocca. La sua azione non presuppone la stasi di quei segni:
essi continuano nel loro movimento perché spinti dall’immaginazione
dell’osservatore che imprime continuamente nuove spinte che si completano a
livello spirituale.
Inoltre, l’opera di Habicher non
rinuncia al dialogo con la natura. I suoi lavori – soprattutto quelli
realizzati per l’esterno – sono costruiti con materiali che riescono a
integrarsi con il preesistente, diventando elementi essenziali di una nuova
visione del reale. Negli interni le sue sculture si caratterizzano per
l’estrema leggerezza. Esse partono da un punto e fluttuano nell’aria per poi
appoggiarsi al pavimento o per continuare a sfidare la legge di gravità
rimanendo sospese nel vuoto.
Habicher, in riferimento a una precisa
poetica tesa alla riflessione sull’elemento naturale, costruisce delle
strutture dal carattere straordinariamente organico che uniscono leggerezza e
forza. È una forza che trattiene, quasi casuale, che stritola il sasso o il
pezzo di vetro, che contorce la barra d’acciaio. È la stessa forza che
controlla l’universo e che permette alle cose di trasformarsi in altre cose, di
diventare altro.
Nessun commento:
Posta un commento