Guido Bisagni è uno degli street artist più conosciuti in
Europa. Da un certo punto di vista, come tanti come lui, la definizione di “artista di strada” calza a pennello, perché
la strada è il luogo che gli ha permesso di sviluppare la sua vocazione.
La strada ha offerto l’affermazione di sottoculture che poi
si sono trasformate in cultura, ha permesso il fiorire di una serie di poetiche
che sono alla base di un discorso estetico carico di valore. La strada ha
raccolto un pubblico vastissimo che oggi si muove in quelle atmosfere scandite
da ritmi caotici, gli stessi che descrivono le nostre esistenze.
Bisagni – o meglio 108 – ha offerto con la sua arte
un’opportunità di riflessione. Attraverso la sua creatività e la sua
intelligenza ha imposto il suo pensiero alla visibilità pubblica, in nome di
una libertà espressiva e di una fruibilità talmente ampie da non poter essere
quantificate.
Proporre gli esiti delle sue esperienze creative in uno
spazio “ristretto” non deve essere percepito come una contraddizione. I suoi
lavori non sono chiusi da un margine, essi fluttuano sulla superficie, si
muovono affrontando dialetticamente lo spazio.
La poetica urbana alla base della sua formazione non viene sacrificata
perché nei lavori “da interni” vi è comunque una riflessione sul segno, vi è la
presenza di forze telluriche che sembrano definire fratture che si aprono nelle esistenze di quelle stesse
persone che compongono l’universo urbano.
Per questi lavori Bisagni fonda la sua arte sulla cripticità
tipica della lettera, spesso indecifrabile. A livello stilistico egli indaga su
differenti soggetti per esprimersi in modo adeguato in ogni situazione. Bisgani
evoca gli stati d’animo della società attuale attraverso un ritorno
all’astrazione per ottenere le forme proposte. La sua poetica definisce allora
degli elementi organici che cambiano con il passare delle ore, con l’incidenza
della luce. Il loro tendersi li rende carichi di forza, intrinseca e
estrinseca, li colloca all’interno di un microcosmo che ciascuno di noi recepisce
e rielabora, riconoscendo l’opera in uno spazio che lui ha allestito e che noi,
spontaneamente, facciamo nostro.
Nessun commento:
Posta un commento