Di fronte all’opera di Enrico De Benedetti si resta sempre
piacevolmente spiazzati. Questo avviene soprattutto quando si conosce tutta la
sua produzione, la sua evoluzione, i suoi cambiamenti che, solo apparentemente,
sembrano distaccarsi completamente rispetto a ciò che era stato fatto in
precedenza. L’ultima fase della sua
produzione si incentra su una ricerca di tipo figurativo nella quale l’artista
riflette sulla struttura della figura umana. Questo, in estrema sintesi e in
maniera molto generica, potrebbe spiegare lo spirito di questo momento del suo
lavoro. Ovviamente non è solo così. Infatti, la figura umana che De Benedetti
sceglie di analizzare è quella più complessa che ci giunge dalla tradizione
cristiana, è la figura del vescovo, del santo che indossa i paramenti
episcopali e si staglia su compatti fondi monocromatici.
Si potrebbe parlare di “arte sacra”, ma anche in questo caso
si limiterebbe il discorso a un solo aspetto di questa produzione. L’elemento
sacro è quello che si può notare a un primo impatto, quello che percepiamo
perché ce lo portiamo dietro culturalmente per essere immersi nel
Cristianesimo, come aveva affermato Benedetto Croce. Per De Benedetti si tratta
di un punto di partenza sul quale inserire gli aspetti di una riflessione estetica
più complessa, più ricca. Per esempio, l’elemento grafico/simbolico che di pone
in rapporto dialettico con le immagini vescovili sembra ricalcare le
punzonature delle aureole medievali, dilatando così una decorazione che era
contenuta in ben precisi e delimitati spazi circolari. Oppure, la
tridimensionalità degli spazi è rimarcata dall’inserimento di elementi
decorativi – lettere dell’alfabeto, lastre metalliche, pietre trasparenti – che
sembra rielaborare gli esiti della pittura bizantina.
De Benedetti crea delle strutture complesse nelle quali la
decorazione non è mai secondaria rispetto al soggetto e viene utilizzata
all’interno di un processo si trasfigurazione simbolica del tema centrale. I
più semplici elementi geometrici non determinano mai delle composizioni
astratte, mantenendo invece costante il contrasto tra il naturalismo delle
immagini dei vescovi e il decorativismo delle ambientazioni.
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