Abbiamo conosciuto almeno due Aldo Mondino. Il primo, quello
più in vista, quello che si presentò per le vie di Brera a Milano in groppa a
un cammello; quello che ha il coraggio di esporre un’opera che sarà sequestrata
per blasfemia; quello capace di trasformare
una qualunque scritta in un’opera d’arte, insomma, il Mondino ironico,
graffiante, con una personalità talmente dirompente da annullare chiunque gli
stesse intorno. Il secondo, incredibilmente più intimista, capace di confessare
in un’intervista il suo lato più umano, le sue debolezze, il suo rapporto con
la religione ebraica, teso a raccontare i suoi viaggi con uno il piglio di chi
sa stupirsi, pronto a recepire la bellezza silenziosa dell’interno di un locale
frequentato da fumatori di narghilè o a evocare le meditazioni di ebrei
ortodossi in qualche stanzetta di Gerusalemme.
L'intenzione delle rassegne più recenti, e in particolare di quella curata da Marco Porta, è
probabilmente proprio quello di far meglio individuare il Mondino più
intimista, più legato ai valori poetici della riflessione personale. Infatti,
le parole del breve scritto preparato dallo stesso Porta per questa rassegna,
sembrano indicare questa via di analisi. Non si tratta di opere compiute,
poiché ci si trova a osservare l’abbozzo di un’idea, la scintilla dalla quale
avrebbe preso forma un lavoro concluso. Pertanto, questa esposizione casalese è
un documento di grande importanza, soprattutto per individuare i meccanismi
filologici della creazione dell’opera d’arte. Chi conosce Mondino sa benissimo
capire che dietro a quei disegni, alcuni di disarmante semplicità, si nasconde
parte di un universo in divenire che riceverà attraverso il disegno la sua
forma più o meno definitiva.
Le opere proposte sono quelle che interpretano l’Oriente. Il
tema dominante di questi lavori, è comunque operato da un artista occidentale.
Tutto avviene in seguito a un viaggio in più tempi iniziato in Marocco e
concluso in Palestina. In questa fase Mondino comprende il legame tra la
spiritualità e la possibilità di dipingere in modo concettuale. È questo il
momento in cui si concretizza, per esempio, la preghiera esaltata della danza
dei dervisci o in cui nelle sue opere appaiono come sfondo le sovrapposizioni
dei tappeti, o più semplicemente, in cui il fluire del pensiero diventa opera
d’arte.
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