DIVERTISSEMENT di Carlo Pesce
La guerra è molto semplice diretta e spietata.
Per farla ci vuole un uomo semplice, diretto e spietato.
George Patton
E il signor Bonaparte se ne sta seduto sul trono
e realizza gli auspici dei popoli. Ciò è entusiasmante!
Lev Tolstoj, Guerra e Pace.
Introduzione
Supponiamo che questo scritto non appartenga a questa epoca. Supponiamo che esso serva a descrivere due opere che vengono ritrovate per caso. Supponiamo che queste due opere trattino un medesimo argomento, cioè Napoleone.
Corpo
Il ritrovamento in uno spazio sotterraneo, posto alla base di un’abitazione che stava per essere abbattuta, di alcune opere d’arte appartenenti all’epoca della prima crisi economica, permettono di aggiungere un altro tassello per approfondire la conoscenza di uno dei più interessanti artisti piemontesi di quell’epoca: Mario Fallini. Vissuto a cavallo del secondo e terzo millennio, Fallini, a fronte di una produzione assai vasta[i] ha verosimilmente lasciato soltanto due lavori che appartengono a questo progetto. I primi interventi di diffusione della scoperta hanno cercato di collocare criticamente le due opere. Secondo le prime interpretazioni, l’idea di Fallini era quella di citare attraverso un discorso allegorico di non immediata decifrazione, i momenti salienti della carriera di Napoleone Bonaparte, un condottiero vissuto tra la fine del Settecento e l’inizio del secolo successivo. Di questo personaggio storico, un tempo assai celebrato, si ricordano ormai solo alcune imprese, e si fa riferimento al fatto che, per alcuni anni, egli diffuse gli ideali della Rivoluzione francese in Europa, nel tentativo di estirpare i privilegi di alcune classi sociali delle quali adesso si ha una vaga memoria.
Questa interpretazione, però, risulta abbastanza opinabile. Infatti, per comprendere le peculiarità dei lavori di Mario Fallini, è necessario capire che cosa vogliono effettivamente rappresentare. In alcuni antichi documenti si capisce che questo autore facesse riferimento a artifizi retorici, risolvendo le sue opere soprattutto con allegorie, ossimori e metonimie.
Per il primo lavoro, è opportuno il confronto con una vecchia fotografia che mostra una località a pochi chilometri da quella che un tempo veniva chiamata Alessandria. Lì, intorno alla metà del XIX secolo, finanziata da un ammiratore del condottiero, fu costruita una villa che successivamente fu adibita a museo per ricordare una battaglia che si svolse nelle campagne di un luogo chiamato Marengo. Fallini dà una rappresentazione di quello spazio con un’ardita geometrizzazione dell’area. Essa, con i suoi colori Pop, appare quasi metafisica, scandita da gruppi di linee che rievocano la struttura della dimora, con al centro l’inquietante raffigurazione statuaria di uno dei protagonisti di quella giornata, il generale Desaix[ii].
Il secondo lavoro è composto da un disegno di Napoleone collocato all’interno di una struttura che evoca una gabbia. Probabilmente, decifrando alcune lettere del titolo, sembra se ne possa intuire il riferimento all’esilio nell’Isola di Sant’Elena[iii] cui fu costretto il condottiero dopo la definitiva sconfitta di Waterloo.
Date le notevoli differenze stilistiche, non si può affermare con certezza se i due lavori appartenessero a una stessa serie. Se così fosse esisterebbero – e sarebbero da cercare almeno a livello documentario – altri momenti capaci di focalizzare la parabola dell’Imperatore (per esempio, la campagna di Russia, o al citata battaglia di Waterloo), dei quali, al momento, non rimane traccia. Si può allora supporre che le due opere non fossero all’interno di una stessa serie, ma fossero eseguiti per due differenti progetti. Alla luce di questa idea, è lecito affermare che, probabilmente, i due lavori furono prodotti un due momenti differenti, a distanza di alcuni decenni l’uno dall’altro. Ciò spiegherebbe l’evidente differenza stilistica. Il fatto che siano stati ritrovati insieme potrebbe essere messo in relazione al fatto che essi siano stati esposti contemporaneamente all’interno di una mostra tematica dedicata a Napoleone. Fallini, d’accordo con il curatore, propose al pubblico i due lavori lasciando spazio all’ironia. L’autore avrebbe fornito in questo modo il pretesto per creare una sorta di dittico con il quale avrebbe unito il momento in cui ebbe inizio la gloria del condottiero, a quello che sancì la sua “sparizione” della storia, insomma, l’inizio e la fine della sua parabola. A questo proposito vengono in mente gli oscuri versi di un rimatore vissuto all’epoca di Napoleone che, in un’ode dedicata al condottiero[iv], fa spesso riferimento al rapporto tra splendori passati e miserie presenti.
[i] Mario Fallini fu l’autore di alcuni interessanti progetti concettuali. Attraverso un lascito dell’Università di Pisa si è recentemente scoperto che al suo nome è legata la realizzazione del Theatro della Memoria di Camillo, una sorta di contenitore di tutto lo scibile umano. Fallini fu l’unico artista a portare a termine un progetto elaborato quasi quattrocento anni prima, utilizzando le primissime forme di RAM. Accanto a questo egli è segnalato come autore di alcune opere, tra la quali la riproduzione del Milione di Marco Polo (Genova, Museo della città) e Il Nome della Rosa di Umberto Eco (Area metropolitana padana, Collezione privata). Un frammento cartaceo firmato da un certo Carlo Pesce ritrovato in un collage del XXI secolo, spiega che Fallini avesse ricopiato a mano. Un testo del Milione è conservato alla biblioteca del Cairo.
[ii] Di questo personaggio si sa pochissimo. Sembra che comandasse un’ala della cavalleria dell’esercito francese e che, quando ormai sembrava che l’armata napoleonica capitolasse, egli piombasse sul disordinato esercito avversario, rovesciando le sorti della battaglia, ma pagando con la vita la sua impresa. Ricordiamo il nome di questo militare francese grazie alla didascalia della stessa cartolina che ci permette il confronto con l’opera di Fallini.
[iii] L’isola di Sant’Elena è uno dei misteri della vicenda napoleonica. Lo sconvolgimento degli oceani con la conseguente scomparsa di molte terre impedisce di capire dove si trovasse l’ultima dimora del Bonaparte. Un gruppo di studiosi dell’Università di Parigi sostiene che si sarebbe potuta trovare al centro dell’Oceano Atlantico, non al largo delle coste italiane come affermano moltissimi storici.
[iv] Il componimento in questione è “Il 5 maggio” di Alessandro Manzoni.
Nessun commento:
Posta un commento