Vassilij Kandinsky è
stato uno dei massimi protagonisti della cultura pittorica europea del XX
secolo. Egli è conosciuto soprattutto per l’opera astratta, ma il viaggio che
lo portò all’astrazione iniziò molto lontano, esattamente negli anni della sua
formazione universitaria, durante gli ultimi decenni dell’Ottocento, quando i
suoi studi di legge lo avevano portato ad analizzare i fondamenti del diritto
nelle tradizioni delle sterminate campagne della Russia, fra le lontane
popolazioni della Vologda, in Siberia, dove da etnologo approfondì la vita, gli
usi e l’economia dei sirieni, una piccola etnia cui dedicò alcuni articoli
scientifici, incontrando anche le pratiche popolari derivanti dalle antiche
ritualità sciamaniche, dalla cui profonda spiritualità fu fortemente colpito.
La formazione del giovane Kandinsky crebbe dunque all’interno di una
impetuosa corrente culturale sviluppatasi in Russia per tutto l’800, seguita
all’invasione napoleonica e alla conseguente distruzione di Mosca, volta a
ricercare nella cultura primitiva e folclorica del mondo contadino, le radici
di un’originaria e intatta civiltà russa.
Ma quanto appena detto risolve solo in parte il “problema Kandinsky”. La
sua opera è troppo complessa per poter essere riassunta in un’unica formula, o
esemplificata in un solo quadro. Egli scrisse che la pittura è la collisione di
mondi che creano altri mondi, l’opera d’arte è un mondo, pertanto la creazione
di un’opera è la creazione di un mondo. La sua arte è percettiva, le sue
immagini si richiamano sicuramente a
quella esperienza, dalla figura del cavallo e del cavaliere, al tamburo
rituale, alle figure simboliche di animali.
Questo universo favoloso ed esoterico – proposto nelle opere esposte realizzate tutte tra il 1901 e il 1922 –, contrapposto al razionalismo dell’occidente europeo, è alla base di quella forma sciamanesimo che può essere evocato nel momento in cui l’artista giunge alla convinzione che per trasporre sulla tela sentimenti e pensieri non fosse necessario raffigurare oggetti, paesaggi, i volti della vita quotidiana ma che, tramite il colore, la forma, la loro combinazione e il ritmo della composizione fosse possibile esprimere gli stati d’animo e le emozioni provocati sia dal mondo esterno che dai moti profondi dello spirito umano.
Questo universo favoloso ed esoterico – proposto nelle opere esposte realizzate tutte tra il 1901 e il 1922 –, contrapposto al razionalismo dell’occidente europeo, è alla base di quella forma sciamanesimo che può essere evocato nel momento in cui l’artista giunge alla convinzione che per trasporre sulla tela sentimenti e pensieri non fosse necessario raffigurare oggetti, paesaggi, i volti della vita quotidiana ma che, tramite il colore, la forma, la loro combinazione e il ritmo della composizione fosse possibile esprimere gli stati d’animo e le emozioni provocati sia dal mondo esterno che dai moti profondi dello spirito umano.
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