Si intitola “Il Tanaro a Masio” questo libro corredato da uno scritto di Matteo Terzaghi che presenta una serie di scatti di Vittore Fossati. Si tratta di fotografie realizzate nell’arco di un paio di anni, in vari momenti, proprio nei pressi di Masio, a ridosso del percorso del Tanaro.
Sono foto legate alla cosiddetta “estetica dell’impassibilità”, in cui sembra prendere corpo l’apparente distacco emotivo del fotografo a vantaggio di un totale controllo del mezzo. Questo tipo di fotografie si mostra particolarmente leggibile, i soggetti sono facilmente riconoscibili trattandosi, come in questo caso, di luoghi che appartengono alla quotidianità. Ma, affermare di risolvere esteticamente una serie come questa, pensando di paragonare le nostre sensazioni a quelle del fotografo, non è il sistema più efficace per capire il significato delle immagini.
Le fotografie di Fossati devono essere studiate pensando di portarsi al di là di una prospettiva individuale, devono essere prese in considerazione cercando di rilevare l’estendersi “energetico” di esse oltre al semplice punto di vista umano, per interagire anche con quello naturale, chiaramente più difficile da individuare. La fotografia di Fossati è assai precisa nella descrizione del soggetto, ma spiazza per la sua neutralità, per la sua completezza, dando a quelle immagini un valore assoluto, al di fuori di qualsiasi indicazione cronologica. Il fiume è sempre stato, quella stessa veduta poteva essere percepita mille anni addietro, e per questo si può comprendere la dimensione epica di un lavoro del genere.
La fotografia di Fossati è oggettiva, con una freschezza che offre emozionalmente l’informazione visiva nella sua totalità. Le aree fluviali sono selvagge, coperte dalla vegetazione spontanea. L’azione dell’uomo è lontanissima e, a parte il taglio di un tronco o il solco della ruota di un mezzo meccanico, il posto non risulta condizionato da nient’altro se non dalla natura. Fossati insiste sulle condizioni del posto, su come le stagioni impongano luminosità differenti sullo spazio e come piccoli elementi , ciò che il fotografo individua come “incidenti”, siano alla base di costruzioni di architetture allegoriche che identificano e rendono le sue fotografie spunti di riflessione unici e straordinari. La serie “Il Tanaro a Masio” risponde al tipico metodo di lavoro di Fossati. Egli si muove nella campagna dedicando parte del suo tempo alla ricerca visiva, diventando sensibile ai cambiamenti di stato dei luoghi durante il corso del progetto. Ogni fotografia comunica la meraviglia di avvicinarsi al luogo su cui si incentra la ricerca e a percepirlo come se fosse la prima volta che lo si vede.
La produzione di Fossati si colloca all’avanguardia delle esigenze artistiche della fotografia contemporanea. Al pari di artisti come Thomas Struth o Lukas Jasansky o del coreano Boo Moon, i suoi soggetti spaziano all’interno di un repertorio che ha come protagonista il paesaggio. L’atteggiamento è oggettivante e si pone in un’ottica di comunicazione che, oltre a assumere delle precise connotazioni estetiche, talvolta, evoca le implicazioni ecologiche cui è sottoposto l’ambiente.
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