martedì 10 dicembre 2013

roger selden tra pop e razionalismo geometrico

L’attività artistica di Roger Selden si è sviluppata su due linee di riflessione ben precise. Da una parte, l’artista newyorkese ha elaborato un discorso estetico che affonda le sue radici nella cultura Pop. Questo legame può essere rilevato in particolare prendendo in considerazione l’aspetto cromatico dei suoi lavori, aspetto che sembra attingere alle idee in proposito di quel movimento. Dall’altra parte, egli insiste su modelli più razionali, su un concettualismo basato sull’elaborazione d’impianti geometrici che tendono a ripetere dei moduli capaci di scandire lo spazio con regolarità.


L’unione di queste due derivazioni culturali ha creato uno stilema artistico ben riconoscibile, che, se ben osservato è in grado di offrire notevoli spunti di riflessione. I lavori più recenti sembrano però  insistere maggiormente sulla valenza pittorica dell’opera: il colore si fa evocativo, all’interno di un’azione che tende a sovrapporre stratificazioni di realtà geometrizzate che offrono una sensazione di resa tridimensionale. Lo spazio di Selden diventa per questo una susseguirsi di frammenti regolari che si sviluppano in tutte le direzioni. In particolare sono le strutture verticali a offrire una precisa indicazione in tal senso. Esse appaiono concluse perché chiuse all’interno di un limite, ma la loro conclusione è solo un’illusione, un confine imposto dalla nostra idea di finito. I suoi moduli sono soltanto una presentazione di ciò che esiste, sono l’equivalente di ciò che potremmo vedere osservando un vetrino al microscopio, o un tratto di universo al telescopio.



Non è un caso che la visione di Selden sia almeno in parte “naturalistica”, proprio perché essa risulta tanto inoggettiva, quanto possibilmente legata a una rappresentazione “astratta” del vero. Nella sua arte si concentrano allora elementi di incredibile modernità uniti a una più tradizionale forza espressiva e drammatica. A testimoniare questa affermazione vi è la lampada a otto bracci che l’artista americano ha realizzato per il Museo dei Lumi casalese. Come ha scritto Elio Carmi, essa è l’unione di più linguaggi: patriottismo e iconicità americani, il medioevo ebraico in Italia e la cultura dei cenciaioli. L’opera è di fatto un racconto che, facendo riferimento anche alla storia personale dell’artista evidenzia lo spirito di accoglienza dell’Italia, il paese che ora lo ospita.

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