lunedì 19 ottobre 2015

simulacri, l'installazione bicefala di bonardi e minetti

“Simulacri” è il titolo della mostra realizzata da Giovanni Bonardi e Davide Minetti a Villa Vidua a Conzano. Questo progetto prevede l’integrazione di due prodotti, scultoreo e pittorico, in modo da strutturare una sorta di installazione drammatica capace di integrare coerentemente i lavori dei due artisti. La consuetudine di realizzare dei percorsi che uniscano pittura e scultura non è assolutamente una novità. In effetti, basterebbe rimandare la mente all’arte dei Sacri Monti per avere un saggio di questo tipo di tradizione.



È chiaro che la differenza con qualunque precedente espressione siffatta sta nel linguaggio che, nel caso di Bonardi e Minetti, è estremamente contemporaneo (uso del segno, manipolazione della materia, studio del rapporto luce/ombra), legato ai modelli estetici della nostra epoca. Eppure, se si osserva attentamente ciò che è esposto, si ha la sensazione che entrambi gli artisti partano da una comune radice “antica”, che ritengano imprescindibile il confronto con la cultura che li ha preceduti. Non si tratta però soltanto di una questione legata alla Storia dell’Arte, c’è qualcosa di antropologico nel loro lavoro, qualcosa che si richiama a precise simbologie che appartengono al genere umano.



Continuando così in questa riflessione ci ritroviamo a riconsiderare questo percorso con un’idea che lo lega al mito e all’incombente presenza del sacro, al momento in cui il mondo era profondamente diverso da quello attuale, in cui il bosco era popolato da divinità che aspettavano l’arrivo di qualcuno che potesse evocare il loro nome. Ciò che si crea è un diorama nel quale il fruitore si trova a contatto con il silenzio di un luogo che non esiste più, una proiezione della mente capace di dare i connotati di un mondo ideale nel quale si trova soltanto la bellezza. Infatti, quasi melanconicamente, il simulacro richiamato dal titolo della rassegna vuole evocare qualcosa di vuoto, di un involucro che però può essere riempito attraverso l’esperienza attiva di chi si calerà in questa straordinaria dimensione.


venerdì 9 ottobre 2015

la materia morbida di peter weber

Il modo che Peter Weber ha di approcciarsi all’attività plastica è assai particolare. Egli non scolpisce la materia nel senso tradizionale del termine, ma agendo con essa le dà quella valenza tridimensionale che a rende assimilabile a un rilievo contemporaneo, a una scultura perfettamente calata nel gusto estetico della nostra epoca.



Weber lavora preferibilmente con ampie porzioni di tessuto, con spesse e morbide“tavole” di feltro, che piega, senza mai tagliare nulla, in modo da ottenere delle regolari forme geometriche. Il rilievo, nel contesto monocromatico della struttura ottenuta, è dato dalla creazione di ombre che definiscono la profondità delle aree. A volte l’opera appare come un serrato incrociarsi di linee, altre volte le tensioni della stoffa sono  sciolte in un panneggio che sembra dare un valore liquido alla struttura, liberandone una parte e lasciando al tessuto la possibilità di diventare altro.




Weber opta per un tipo di arte minimale dietro alla quale si nasconde una riflessione sulle tensioni che stabiliscono i rapporti di forza tra le piegature della materia. Il suo lavoro risulta a metà strada tra il razionalismo e l’organico. Le sue pieghe sono compresse da pressioni che tendono a dilatare gli spazi per giungere a una impossibile situazione di quiete, spazi nel quali la luce penetra creando ulteriori e continui momenti di contrazione, quasi come se la materia respirasse e avesse una vita propria.