venerdì 20 febbraio 2015

luci e ombre nell'opera di luigi toccacieli

Non importa come costruisca le sue opere. La sintassi di Luigi Toccacieli è rigorosa. Continuando a adoperare una metafora letteraria, i suoi discorsi sono strutturati in una serrata paratassi in cui ogni segno, ogni colore si coordina perfettamente al resto del lavoro. In questa maniera le sue opere appaiono come dei testi cui non manca nulla.



Nelle incisioni prende corpo in fitto reticolo che sembra intercettare tutti gli spazi. Il senso di profondità, il cambiamento di spessore di singole aree del foglio, è determinato dalla quantità di ombra che si adagia sulla carta. È un’ombra particolare che esalta le parti luminose e abbaglianti dell’incisione, e che sembra volersi ritrarre accettando un ruolo marginale di comparsa. La luce si propone evocando una valenza tellurica, si fa strada come un magma nel reticolo ombroso aprendosi dei varchi che offrono quegli sprazzi di bianco su cui finisce per concentrarsi lo sguardo dell’osservatore. La vista indugia così sul segno che si crea con l’epifania luminosa, lo segue definendo la forza del percorso e l’ineluttabilità di un equilibrio che appare così perfetto, così assoluto.




La pittura è per Toccacieli un ulteriore campo di sperimentazione. Come nell’incisione, egli si pone in primo luogo di fronte al problema della connessione tra il segno e lo spazio. A rendere più esaltante la ricerca estetica dell’artista di Urbino è la possibilità di adoperare concretamente il colore, di concepire un rapporto visivo che, se non condotto con attenzione e criterio, rischia di non arrivare agli esiti voluti. I frammenti di varia natura posti sul supporto (carte sottili, fogli di giornale, cartoni colorati)  sembrano essere sottoposti a una forza centrifuga che potrebbe segnare la loro scomparsa dalla superficie della tela. Alla fine, in un ipotetico percorso in divenire, i colori si dissiperanno nell’universo e ne risulteranno aree monocrome coperte solo da un reticolo: qualcosa di simile al risultato ottenuto con le incisioni, con equilibri differenti ma proiettati, in entrambi i casi, a esplicitare la spiritualità di un percorso di grande valore.


lunedì 2 febbraio 2015

l'evoluzione di enrico francescon

Confrontata con i lavori di qualche anno fa, l’attuale produzione di Enrico Francescon risulta decisamente più “leggera”. I cementi ,realizzati durante il precedente decennio, erano evidentemente più legati alla componente materica e si caratterizzavano come esplicitazione di una forza tellurica che determinava una percezione di decisa corporeità.



Gradatamente ridimensionata questa esigenza, Francescon ha cominciato a ricondurre i suoi lavori in un ambito di maggiore essenzialità giungendo addirittura all’eliminazione della materia nella serie degli acquerelli. In questi,  su sottilissime stesure monocromatiche, sono tracciati dei segni che insistono sulla rielaborazione di evidenti forme geometriche. Se poi si dovesse cercare una costante nel lavoro di Francescon, essa apparirebbe nel dato evidente della pressoché continua citazione del quadrato. In generale, si tratta di una figura dalla ricca simbologia, da mettere in relazione la terra, alla conoscenza razionale. Francescon lo identifica invece come elemento equilibrio, che, internamente alla sua opera, gli evita di far prevalere una dimensione all’altra.




In realtà, escludendo dalla riflessione la serie degli acquerelli, altro elemento che caratterizza l’arte di Francescon è la profondità. In tal caso il quadrato si trasforma in un cubo – o almeno in una sua porzione – e finisce per consolidare la componente costitutiva della sua poiesis. La materia occupa quindi parte dello spazio emergendo compattamente dal fondo e, in particolare in certi lavori, assume una connotazione organica, simile a un magma ribollente bloccato in un preciso equilibrio di forze. Al contrario, nella sua produzione scultorea tout court, Francescon insiste sulla compenetrazione di forme, creando delle piccole strutture che si sviluppano verticalmente. A ben guardarle esse sono un ulteriore sviluppo della riflessione segnica sulla quale sembra si stia direzionando la ricerca di Francescon. Infatti, le piccole composizioni plastiche sono riconducibile a una base astratto/geometrica nella quale la figura subisce un controllo fortemente impostato sul segno, segno che, come si è detto,  rappresenta la base per l’affermazione di un canone dagli imprevedibili sviluppi costruttivi.