mercoledì 10 dicembre 2014

maurizio galimberti futurista

Il marchio di Maurizio Glimberti è immediatamente riconoscibile. La sua opera si presenta come un mosaico di polaroid che costruiscono e definiscono un’immagine. Che ci si trovi di fronte a ritratti di personaggi  più o meno famosi o rappresentazioni di luoghi che costituiscono il quotidiano delle nostre città, la sensazione visiva di fronte alla sua fotografia è quella di un’immagine avvolgente che sembra muoversi in continuazione. Galimberti è l’autore della frammentazione dinamica e della ricostruzione del soggetto. Egli non si limita a offrire una visione da un unico e preciso punto di vista, ma la mimetizza, demandandone la riconoscibilità a quelle capacità logiche che appartengono al nostro cervello.



Galimberti si definisce futurista, dadaista, artista pop, anche se ci tiene a sottolineare la forte e personale componente europea di quest’ultima appartenenza. Assai comprensibile, l’aspetto futurista diventa evidente proprio nel momento in cui si associa il suo lavoro al concetto di “dinamismo”: il soggetto raffigurato si muove nello spazio e l’elemento cronologico si annulla eternato nel movimento. La fotografia che si compone è sì frutto di parti, parti che Galimberti ha bloccato con lo scatto, ma unite, esse diventano una sequenza circolare, un ripetersi infinito di una stessa situazione.




La fotografia, in generale, non può essere pensata come forma d’arte organica, ma l’estetica di Galimberti rischia di mettere in serio dubbio questa affermazione. La fotografia, infatti, si limita a rappresentare qualcosa di organico (con l’accezione artistica del temine); Galimberti, al contrario, riesce a trasformare un’immagine carica di razionalità in una forma in divenire che non può essere ricondotta ai quei limiti geo/temporali cui noi siamo soliti ricondurre il concetto di scatto. Galimberti dimostra di possedere le molte qualità che appartengono all’artista e al fotografo, disponendosi a farle emergere ogni volta che ciò risulta necessario, lavorando sul microcosmo che sta dietro l’intimità del singolo per costruire il macrocosmo che identifica il rapporto, in grado di plasmare il mondo, tra le singole esistenze.


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