lunedì 4 febbraio 2013

paolo guasco al triangolo nero di alessandria

Si tratta di un artista che sorprende e che lascia intravedere una singolare capacità pittorica confermata da scelte estetiche di sicura efficacia. Paolo Guasco si formò nel vivace contesto artistico torinese, individuando immediatamente un proprio percorso artistico. Nelle prime opere, raffinati esercizi con acque che si sciolgono sulla carta, la sua azione crea di un reticolo di punti e linee che evocano la trama di un tessuto. Più realista, ammesso che questo termine possa avere una credibile valenza esplicativa, risulta nella lavorazione dei paesaggi. Per un determinato gruppo di opere si fa riferimento all’area geografica langarola. Lo spazio è gestito in modo da offrire una visione lussureggiante, piena di luce solare. Gli elementi vegetali sono proposti con spessi tratti di matita grassa che creano un reticolo nel quale sono chiusi tutti i possibili elementi del paesaggio.
Nello stesso periodo, intorno alla fine anni Sessanta, Guasco si concentra anche sulla creazione di liquidi paesaggi cosmici, pianeti che fluttuano in un universo fatto di campiture cromatiche che rimandano ancora una volta alla tipologia delle geometrie dei paesaggi piemontesi, quasi a voler identificare l’unicità di un disegno naturale che racchiude tutta l’essenza dell’universo. Ugualmente interessanti sono i lavori che sembrano richiamarsi all’elettronica – forse anticipazioni di progetti plastici – nei quali fili e transistor  appaiono come componenti di futuristiche sistemazioni urbane.
Il periodo successivo è per Paolo Guasco un immergersi nella politica. Il suo impegno si concretizza con la realizzazione di una serie di manifesti e di illustrazioni che evidenziano il suo pensiero progressista. Il ritorno alla pittura, alla fine degli anni ’90, è poco convincente, con elaborazioni che riprendono elementi pop. Al contrario, quasi a chiudere un cerchio che lo connette alle creazioni degli esordi, l’inizio del secolo segna un ulteriore cambiamento, con la resa di osservazioni microscopiche di innesti vegetali, costruzioni che coinvolgono l’uomo e la natura. È un momento minimale, regolato da un’attenzione quasi scientifica per ciò che egli vede all’orto botanico, una pittura silenziosa e frammentata, che conclude la vicenda di un personaggio coerente e di grande spessore culturale.


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