domenica 15 settembre 2013

la realtà di nadir montagnana

Un’arte aspra e particolare. Il lavoro di Nadir Montagnana potrebbe essere sbrigato con questi due aggettivi: il primo evidenzia una linearità rugosa in cui le tinte sono mischiate con sapienza per ottenere particolari effetti stranianti; il secondo fa riferimento alla collocazione stilistica, a metà tra il figurativo e il segnico/informale. A questa seconda affermazione è però doveroso aggiungere un’ulteriore riflessione, in quanto, in quelle linee che sembrano descrivere dei profili  di paesaggi, Montagnana non intende rintracciare un’immagine riconoscibile, ma proprio per il fatto che egli si impone di non rintracciarla, di fatto, la realizza a livello di sostanza, in un contesto di visibilità che percepiamo immediatamente.



La sua è un arte di ricerca, caratterizzata da una replica di soggetti analoghi gestita con enorme acume. L’artista propone nell’effetto casuale una correzione di quella prevedibilità che ci si potrebbe aspettare. Possiamo pensare a un’arte statica, un’arte controllata che fa emergere oscuri frammenti di realtà. Sicuramente si possono intravedere questi elementi, ma non bisogna dimenticare l’aspetto simbolico di questi lavori, aspetto tanto più problematico da percepire quanto più aderente a ciò che si lega alle emozioni e ai sensi di ciascuno di noi. La realtà di Montagnana porta a una visione del mondo particolare, probabilmente carica di vitalismo. Per cui, almeno l’ultima fase della produzione di Montagnana deve essere vista e interpretata come una rappresentazione organica del mondo visibile. La sua drammatizzazione si muove all’interno di un’indagine tellurica in cui vengono evocati i momenti di sconvolgimento terrestre. Pur priva di una fisicità materica, ciò che è ottenuto da questo pittore è comunque calato proprio nel campo del percepibile, poiché esso vive di forme che possono essere ricondotte al mondo lacerato della rappresentazione oggettiva. La sua è un’arte fortemente contemporanea, tra le poche che riescono a capire che la nostra realtà ha iniziato un fatale riflusso dal mondo degli oggetti e cerca di opporgli attraverso l’elemento apparentemente casuale della forma e del colore, l’unico “muro visibile” della semplicità di un profilo che da sempre circonda i nostri spazi.

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