mercoledì 20 agosto 2014

l'amore sacro e l'amore profano di ruben esposito

Amor sacro e Amor profano” è il titolo di uno dei più famosi quadri di Tiziano. Opera di equilibrio, impostata sul contrasto tra due figure femminili caricate di enorme potenza espressiva e simbolica.

Lo stesso titolo è stato dato a un'opera di Ruben Esposito, che sembra scandagliare due livelli dell'animo umano: uno superiore di elevazione e uno inferiore, una sorta di discesa agli inferi, di viaggio nel “cuore di tenebra” di ciascuno di noi. È un'opera intensa che affascina, perché dimostra la lacerazione che viviamo quotidianamente, che ci conduce a cercare l’innalzamento spirituale per distaccarci dalla pena dell’immanente e, nello stesso tempo, a operare il percorso contrario, gettandoci con rimorsi e sensi di colpa in quel mondo che viviamo e, ipocritamente, condanniamo.



Parafrasando Piero Citati, l’amore, in generale, è adorazione, venerazione, ammirazione, desiderio di sacrificio, tenerezza, dolcezza, ardore, furore, follia, eccesso, che si nutre di eccessi, desiderio di infinito. Osservando le installazioni di Ruben Esposito si percepiscono tutti questi caratteri, ai quali si deve aggiungere l’eros che aleggia come entità misteriosa e indescrivibile su ogni pezzo, sulle pieghe di ogni metallo, sui pori delle ceramiche.

I lavori che identificano l'amore sacro si stagliano su degli sfondi di sintesi paesaggistica: lamiere lavorate che si contendono le superfici, evocano fondali pittorici: in questo modo  le frammentarie figure umane si esaltano, assurgendo al ruolo di protagonisti. Queste composizioni hanno un evidente valore simbolico, ma è difficile individuarne esattamente il significato preciso, perché ciascuna di esse si richiama a esperienze individuali e, soprattutto, perché l’amore sacro non ha un’unica etichetta, non è solo, per esempio, l’amore verso Dio. Ruben Esposito fa comprendere questa difficoltà, adoperando frammenti di corpi che scattano posseduti come menadi danzanti, originati da pseudopodi che affondano nel terreno, offrendo un senso di leggerezza che è negato al rito dell'amore profano.



La protagonista è una ragazza, posta al centro della sala, che danza, ma si muove razionalmente, non più posseduta, ma osservata da tre individui che barcollano, nel disinteresse di chi sta consumando l’atto amoroso. Il visitatore è costretto a osservare, a guardare, egli ha pagato per entrare in questo spazio e si aspetta di essere compiaciuto, di entrare nel vivo di un’azione che lo coinvolga fisicamente ma, si badi bene, non emotivamente.


Profano, in origine indicava qualcosa che era al di fuori dal recinto del tempio antico, quindi da ciò che era sacro; ora tutto si mischia, tutto convive nello stesso spazio. Il corpo, che un tempo poteva avere un valore ideale, ora diventa merce, ricoprendosi di una sacralità nuova e differente, e, talvolta, ribaltando il concetto originario, cioè trasformando ciò che era sacro in profano e ciò che era profano in sacro.

Nessun commento:

Posta un commento