mercoledì 17 settembre 2014

le geometrie organiche di mario surbone

É sempre un'esperienza fortemente emozionante confrontarsi con la pittura di Mario Surbone. Essa si manifesta come un Illuminazione, come un riflesso che si compone in lontananza, dapprima misterioso e di difficile decifrabilità, poi così chiaro da somatizzarsi come parte di ciascuno di noi.



Qualcuno, in riferimento alla pittura di Surbone, ha parlato di "geometria organica", centrando con questa definizione lo spirito di almeno una parte della sua vasta produzione. Infatti, per spiegare questo concetto, bisogna considerare che gli elementi naturali sono ridotti alla loro essenzialità di entità geometriche. In fondo - sembra suggerirci Surbone - tutto ciò che esiste in natura si compie agendo sulle infinite variazioni del rapporto tra punto e linea. In questo modo, lo spazio può essere ricondotto a una rappresentazione totalmente rarefatta da sfiorare l'astrazione. Ma Surbone, a questa situazione, aggiunge una componente quasi mistica, e lo fa nel momento in cui riproduce il paesaggio nel quale si è formata la sua sensibilità. Ellissi, triangoli, strutture sinusoidali lacerate, sono la sua interpretazione dell'elemento naturale che configura gli orizzonti della propria esperienza estetica. 




A questo proposito, proprio i grandi pannelli sagomati che l'artista di Treville ha realizzato tra il 1988 e il 2009 dimostrano come sia possibile costruire un percorso teso a indagare il comporsi della vita, il manifestarsi degli elementi nel susseguirsi delle stagioni. Questi lavori si sviluppano crescendo con grande afflato poetico, si compongono di sottili sfumature di colore che rimandano, per esempio, alle foschie del mattino o alle luci di un sole molto basso sull'orizzonte.
A volte le superfici di Surbone danno l’idea di un movimento frenato, di un’esplosione repentina, del un balzo in avanti di un elemento che è costretto a contenersi e torna a raggrupparsi qualche centimetro più in là. Non c’è rumore in questa condizione, tutto è silenzioso, o meglio, è obbligato al silenzio. Non ci può essere altro in questa situazione perché tale situazione è già al limite, al confine di una piacevole morbidezza accentuata da una scelta cromatica pacata, fatta di verdi, di terre, di azzurri.

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