mercoledì 28 novembre 2012

nadir montagnana a palazzo cuttica di alessandria

Nadir Montagnana è un artista la cui opera ha sempre suscitato curiosità e interesse. Egli ha proceduto attraverso un lavoro meticoloso, carico di attenzione che lo ha condotto a ottenere un marchio particolare, immediatamente riconoscibile nella sua unicità. La mostra di Palazzo Cuttica è l’esplicitazione di questa attività, un’attività che si incentra sull’analisi di un paesaggio spirituale studiato e ripetuto cezannianamente attraverso gli esiti di due linguaggi, uno calcografico e l’altro “pittorico”.
La calcografia è una tecnica di stampa che utilizza delle lastre, generalmente di rame, incise a incavo, in cui l’inchiostra viene ritenuto nei solchi. In esse, opere in eterno divenire, si rincorrono le sensazioni di aver individuato delle figure note, una staccionata sperduta tra i prati, un’area rocciosa che sembra schiacciata dalla tensione combusta, una traccia di strada che si addentra nell’orizzonte. Dallo sfondo giungono cromie contrastanti: un denso fumo bluastro o un caldo giallo zafferano che si combinano evocando la stessa grana sabbiosa di certa pittura astratto-materica. Il disporsi degli elementi procede attraverso la regolazione di assi che “trasportano” le strutture all’interno dello spazio rappresentato.
Quello che abbiamo di fronte è dunque un paesaggio che si pone come una sorta di evoluzione della sperimentazione pittorica, acida e tagliente, delle stoffe. In questo caso l’atteggiamento di Montagnana si concentra sulla disposizione del colore che viene “tirato” su scampoli di tessuto, ottenendo una controllata struttura paesaggistica. A mio avviso, l’ibridazione tecnica adoperata dall’artista non permette di identificare queste opere come pittoriche tout court, ma la capacità di dosare gli spazi e le cromie ci parlano di un linguaggio che si richiama a una percezione tonale nella quale l’essenza pittorica è imprescindibile.
Questo discorso lascia intendere, anzi rafforza, una stretta affinità tutta interna ai lavori di Montagnana. Infatti, anche nelle opere non calcografiche, il segno è nutrito da una filigrana sottile che non copre interamente le superfici, ma si limita, in genere, a agire sulla zona centrale dell’opera, come una ragnatela che si espande e determina profonde increspature. L’idea fondamentale è quella di offrire una sintetica riproduzione di paesaggio nel quale si percepiscono, anche in questo caso, delle figure note. Esse, però, insistono su una visione della natura più religiosa (termine da intendere nel suo significato etimologico, cioè relativo al raccogliere) e irrazionale. In questo modo emerge per Montagnana un concetto estetico che si richiama a modelli naturalistici e non si appoggia necessariamente su mezzi pittorici tradizionali. Ovviamente, non ci si trova di fronte a posizioni conservatrici o contrarie alla ricerca contemporanea, ma la radice, in modo più o meno evidente, è quella, la stessa individuabile negli scritti di Arcangeli, che parlando proprio di natura, la poneva al centro di varie forme sensitive e, per questo, pensava potesse essere collocata al centro stesso dell’esistenza.

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