lunedì 7 aprile 2014

ettore consolazione: progettare la scultura

Ettore Consolazione è uno dei più importanti scultori autori di monumenti  italiani attualmente in attività. La sua concezione artistica è ben salda e può essere intuita attraverso la considerazione di almeno due piani di sviluppo. Il primo, prettamente visivo, mette i suoi lavori in relazione con lo spazio che li circonda. Il metallo diventa l’interlocutore di un dialogo continuo con la realtà, affermando una propria identità visiva che determina una novità nella fruizione dell’area cui la scultura si sottopone. L’ambiente con il quale l’oggetto si confronta risulta trasformato in una piccola porzione di spazio carica di dramma, configurata in una sua eterna istantaneità.



Il secondo livello di sviluppo è prettamente materico. Consolazione porta la materia a definire una struttura che si lega alla reiterazione di un modello estetico/spirituale che affonda le sue radici nell’antico. Il bronzo rappresenta proprio la volontà di riferirsi alla tradizione, alla valorizzazione di un’azione che nella mente dello scultore prende corpo per gradi, fino a diventare una manifestazione di quell’immagine che inizialmente appariva esclusivamente come sospensione poetica.




La fase progettuale, rimandando a un’idea ben solida nella critica, potrebbe già avere una sua completezza, in quanto Consolazione, anche a livello di bozzetto, propone ciò che diventerà scultura monumentale in modo già vitale e poetico. La sua elaborazione ha anche in questa fase un qualcosa di totale che, inoltre, riesce a chiarire altri aspetti del suo lavoro. Egli elabora non più solo teoricamente il colore, insiste con materie malleabili combinando insieme carta e legno, arrivando a proporre un rapporto diretto tra artista, opera e fruitore. Le sue opere – che solo in seguito e spesso non necessariamente saranno tradotte in bronzo – sono disposte sulla parete elaborando gli elementi costitutivi in modo emozionale, quasi a voler offrire la possibilità di una visone dall’alto, un punto di vista “altro” che conduce l’immaginazione dell’osservatore a confrontarsi con una fase dell’elaborazione dell’artista. In questo caso, l’opera è la miniatura di una grande installazione, ovviamente non più legata al concetto di strutturazione architettonica che invece appartiene all’opera che si realizzerà, denunciante la volontà dell’artista di rifiutare una situazione emotivamente stabile nella quale l’immagine diventa struttura.

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