martedì 11 novembre 2014

la pittura di felice casorati

Felice Casorati è probabilmente il pittore che ha maggiormente segnato la cultura figurativa piemontese della prima metà del Novecento. Fu un punto di rifermento del dibattito artistico e il suo studio fu frequentato da numerosi artisti e mecenati. In un’intervista egli affermò che avrebbe voluto essere un musicista e che la sua famiglia aveva una consolidata propensione per la scienza. In modo più o meno evidente, entrambi gli argomenti finiscono per convogliare nella sua pittura determinando quel carattere unico, regolare, geometrico, armonico che contraddistingue tutta la sua produzione.



Fin dagli esordi dimostra di essere lontano dalla pittura francese che agli inizi del Novecento influenzava maggiormente la produzione figurativa europea con la su maniera tardo/impressionista. Se si deve cercare un riferimento culturale per la sua pittura, bisogna pensare allo Jugendstil e alla Secessione Viennese. Ma la novità di rilievo sta nel fatto che Casorati afferma una monumentalità propria che affonda le sue radici nella tradizione rinascimentale, o come scrisse Piero Gobetti, che dimostrava due opposte componenti nel suo fare: la scelta di un particolare contenuto ideale e il rigore di pensiero che sigilla nella forma una passione “antidecadente”. Le avanguardie non interessarono la sua pittura, egli fu più attento a quella che è stata definita “la tensione dell’attesa” tipica della poetica metafisica e che darà una marginale caratterizzazione al suo lavoro. La concretizzazione delle sue intuizioni spaziali e volumetriche sono evidenti nelle opere che realizza a partire dagli anni Venti. La prima impressione è infatti quella i avere di fronte delle forme statiche, semplici, severe, sempre molto controllate, scanditi da spazi cubici.



La tavolozza poi, contribuisce a acuire questa sensazione. Casorati crea dei complessi campi cromatici dai toni sempre molto freddi, dove tutto appare in un distaccato equilibrio che isola i soggetti (ritratti o nature morte) in un composto silenzio di meditazione.

La fase finale della sua carriera vede il ricorso a una gamma di colori più luminosi, colori che sembrano relegare sempre più ai margini la carica espressiva dei lavori della maturità, trasformando le immagini in simulacri privi di emozione.


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