giovedì 16 aprile 2015

bersezio e ivaldi, dialogo tra materie

È un dialogo estetico di grande interesse e equilibrio quello tra Enzo Bersezio e Carlo Ivaldi, un dialogo tra elementi poderosi che, pur mantenendo la loro connotazione materica, riescono idealmente a compenetrarsi creando una visione complessa che nasce all’interno di una cultura che vuole sviluppare l’opera d’arte totalmente, facendo leva su dei materiali che tradizionalmente sono legati o alle cosiddette arti minori, o a branche dell’arte diverse da quelle pensate come propriamente plastiche. Bersezio e Ivaldi sembrano allora interagire per creare un progetto logico di giustapposizioni che trasformano lo spazio espositivo in un’area in cui le forme si modellano come segni di legno e ferro.



L’opera di Bersezio, forse anche per le caratteristiche intrinseche del legno, materiale sul quale si è ultimamente sviluppata la sua ricerca, tende a insistere sulla verticalizzazione. Il grande tepee, per esempio, è molto di più che una citazione della cultura nativa americana, poiché fa riferimento al mondo nella sua totalità. Lo scheletro della capanna è un asse che regge il mondo e che congiunge il cielo alla terra e che rende possibile la comunicazione fra essi, conducendo fino al sole. In più la materia stessa adoperata da Bersezio, levigata come se avesse vissuto il destino di un relitto trasportato dalle onde, ci rimanda al senso stesso del passare del tempo, al modellarsi delle cose che si adattano a nuova vita completando un circolo di grande valore evocativo.




Carlo Ivaldi inserisce i suoi lavori in una sorta di percorso che prende inizio all’aperto. Queste sono opere adagiate sul terreno, quasi a mimetizzarsi con la natura. Sono opere che hanno il colore della terra e che appaiono come frammenti di antichi interventi umani. Per questo, anche il lavoro di Ivaldi ci riporta al relitto, a qualcosa che è stato adoperato e che ha lasciato sulla sua “pelle” il segno del trascorrere del tempo. Sono opere che hanno subito delle perdite, si sono alleggerite talmente da trasformare in elemento compositivo anche  quel vuoto che circonda di materia. Per questo esse possono sollevarsi sfidando la forza di gravità, non più sospese a fili invisibili, ma appoggiandosi a sottili steli o assottigliandosi fino alla diafanità.


Nessun commento:

Posta un commento