martedì 18 aprile 2017

(M)others di Beatrice Gallori

Dietro alla costruzione degli impianti cellulari di Beatrice Gallori c’è un lavoro difficile, a metà strada tra l’alchimia e l’arte. La cellula è uno degli elementi base della vita, anzi, è essa stessa la testimonianza di un’attività che può legarsi all’esistente. La Natura ha stabilito l’aggregarsi cellulare in modo casuale, e grazie a questa casualità si è sviluppato ciò che i filosofi hanno chiamato “essere”.




Come il protagonista di un romanzo di Matheson ci piacerebbe entrare a contatto con quell’infinitamente piccolo universo cellulare, ma data l’impossibilità di questo viaggio, non ci resta che affidarci all’arte. La bellezza dell’opera di Gallori è determinata in particolare da due elementi: quello prettamente estetico e quello evocativo. Il percorso di Gallori è affascinante, l’artista toscana ci conduce a contatto con superfici lisce, dai colori accesi, sulle quali colloca delle sfere aggregandole in modo da creare essa stessa delle forme. Esse sono la metafora di qualcosa che ci appartiene ma che ci è totalmente invisibile, quel qualcosa che, genericamente, potrebbe definirsi vita.


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