venerdì 2 agosto 2013

bolcato/ferrigno - eros/thanatos

Eros & Thanatos, con la “e commerciale”, come se si volesse evocare una società per azioni, un consorzio che intende mettere in vendita amore e morte. È un po’ questa l’idea che ha unito due artisti, Stefano Bolcato e Max Ferrigno, in un dialogo che mette a confronto il loro lavoro, sia dal punto di vista formale, sia da quello tematico. L’elemento che li unisce è invece quello stilistico, infatti, entrambi sono tra i massimi rappresentanti della Pop Art contemporanea, di quella forma d’arte che molti conoscono come Pop Surrealism e che ha avuto un incredibile successo negli ultimi anni. È quell’arte che riprende certi temi “low brow”, come la fumettistica, il cartoon, il film d’animazione, e lo rielabora trasformandolo in un ironica e graffiante icona dei nostri giorni.
Il tema abbracciato da Bolcato è Thanatos. L’artista, con ironico cinismo, racconta la cronaca nera italiana degli ultimi anni in una sorta di frames fotografici che cristallizzano l’evento cruento. Non ci sarebbe nulla di stano se Bolcato si affidasse a un iperrealismo secco e indiscutibile, al contrario egli trasforma i protagonisti di queste scene di ordinaria violenza quotidiana in pupazzetti del Lego®, con un evidente carico di apparente scanzonata ironia. In realtà, dietro a queste scenette l’autore mostra in tutta la sua evidenza il rimosso freudiano che conduce l’infanzia a somatizzare inconsciamente la morte e, una volta adulti, a accettarla come qualcosa con cui convivere, nascondendola dietro la dolcezza di questi piccoli personaggi di plastica.
A Max Ferrigno spetta invece la rielaborazione di Eros. Egli lo fa con la sua consueta capacità pittorica, insistendo su personaggi che si presentano agli occhi dell’osservatore pieni di perversa e caramellosa sensualità. Sono ninfette innocenti, delle maliziose Lolite che lasciano trasparire qualcosa di conturbante. Infatti, Ferrigno si ispira al mondo dei cartoon giapponesi, e più precisamente degli “anime”, cartoni importati in Italia per i bambini ma che in origine erano destinati a un pubblico adulto. In essi, e Ferrigno insiste proprio su questi elementi, si possono leggere simbolicamente quelle fantasie sessuali, quelle provocazioni che forse condizionarono i giovanissimi spettato tori e che tracciarono il solco per la spregiudicata comunicazione sessista dei media contemporanei.

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