martedì 4 marzo 2014

esterno interno di agostino ferrari

L’apparizione del segno come entità astratta di rappresentazione nasce, di fatto, con l’uomo. È qualcosa che affascina, che si mischia con la scrittura e che offre migliaia di sensazioni.

La produzione artistica di Agostino Ferrari nasce come riflessione sul segno, sul tracciare sul supporto una struttura che incomincia a dialogare con lo spazio offrendo con il suo dilatarsi organico qualcosa di nuovo, un calligramma che si staglia come un movimento del cielo, come un richiamo di memoria che cerca di chiarire il mistero stesso della comunicazione. L’indagine iconica di Agostino Ferrari cerca di liberarsi della morsa pacata della pittura per collegarsi a misteriosi aggregati fisici che lasciano spazio a una proliferazione di metafore organiche e cosmiche. Parafrasando un’affermazione della filosofia zen, la materia non è diversa dal vuoto e il vuoto non è diverso dalla materia, per questo la materia è precisamente il vuoto.


È allora in questi termini che si comprende la straordinaria valenza estetica degli ultimi lavori di Ferrari. Essi erano già intuibili nella serie bidimensionale “Interno Esterno”, lavori nei quali il pittore dava la sensazione ottica di un aprirsi della superficie più esterna, una illusionistica lacerazione del supporto che lasciava intravvedere un frammento di spazio oscuro, una realtà metafisica verso la quale sembrava perdersi il nero del più evidente grafismo nastriforme.




Quello che era un quadro, un’opera che si permetteva di manifestarsi con dei timidi aggetti di materia, ora diventa un’esplosione, un contorcersi di metalli verso lo spazio esterno. La lacerazione si genera sulla superficie del quadro attraverso la somma delle sue variazioni. Lo spessore pittorico, con le sue ombre, le sue circonvoluzioni, non è altro che il ritorto, labirintico segnale in cui si opera la sublimazione della materia. Essa fa a meno della sua fisicità diventando vuoto e nello stesso tempo parte integrante di un universo che sembra attirare a sé, come un buco nero. L’essenza si fa presenza e si concretizza  dinnanzi agli occhi dell’osservatore, il vuoto esiste come pieno e è un nucleo reale dello spazio.


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